

Tanti capolavori artistici rimangono avvolti in un’aura di mistero, ma non ve n’è nessuno, almeno nella storia della musica, che abbia offerto tanti spunti alla creazione di leggende come il Requiem di Mozart.
I dati esteriori della sua genesi sono scarsi: all’inizio dell’estate 1791 Mozart riceve da un anonimo visitatore l’incarico di scrivere un Requiem. Ne inizia la composizione, ma può continuarla solo diversi mesi più tardi.
Le poche notizie certe di questo periodo hanno offerto spunti più che sufficienti ad interpretazioni sinistre di spirito romanticheggiante: lo spettrale “messaggero grigio” si confaceva fin troppo bene alle voci che Mozart non fosse deceduto di morte naturale, ma avvelenato. Inoltre la fatale connessione tra la composizione del Requiem e la scomparsa di Mozart sembrò conferire a questa storia anche una dimensione mistica.
Quando Mozart morì, la vedova temette di dover riconsegnare la somma già pagata. Serbando a sua volta la massima discrezione a riguardo, si affrettò a far completare la partitura in modo da poter consegnare un’opera compiuta. E si rivolse ad alcuni musicisti suoi amici.
Di qui ha preso inizio una discussione che si è protratta per decenni: quali sono le parti composte da Mozart? Che cosa è stato completato sulla base delle sue indicazioni? Cosa è stato per intero composto da altri? Come si debbono valutare le aggiunte?
Johannes Brahms aveva lamentato che “questa reliquia era stata sfigurata da tentativi assai fiacchi e maldestri, ad opera di una o due persone, di completare la partitura”.
Per quanto la genesi e la configurazione esterna del frammento mozartiano del Requiem possano essere ancora circondate da un alone di leggenda e presentare aspetti singolari ed enigmatici, il mistero vero e proprio di questa composizione risiede sempre nella musica stessa.
Da una parte questa costituisce una sintesi di più antiche tradizioni di musica sacra, ad esempio nell’impiego della fuga, del canone e di altre tecniche contrappuntistiche, o anche di figure d’accompagnamento tipicamente barocche (ad esempio la fuga Quam olim nell’Offertorio); si può anzi dire che nel Requiem si rivelano chiare tendenze arcaicizzanti, fin nella configurazione motivica (il tema del Requiem æternam e quello del Kyrie riprendono ad esempio moduli melodici tradizionali). Dall’altra parte elementi tipicamente operistici sono qui intensificati in modo straordinario ed indimenticabile, ad esempio le figure con fraseggio “a sospiro” d’ascendenza napoletana nel Lacrimosa.
A momenti riassuntivi di tutta una tradizione storica se ne affiancano dei nuovi, che già preannunciano quegli sviluppi del linguaggio musicale che saranno propri del secolo diciannovesimo: accenti della più profonda intimità, della più personale espressione di sentimenti.
Per quanto sia affascinante rilevare ed ammirare uno per uno tali momenti, solo nella loro straordinaria fusione si rivela il segreto della compiuta perfezione di Mozart.
![]() Luogo: Chiesa di S. Biagio (Caprino Bergamasco) Soprano: Luisa Pappalardo - Contralto: Ida Maria Turri Tenore: Sergio Rocchi - Basso: Giovanni Guerini Corale Imago Vocis Orchestra Filarmonia di Villasanta Direttore: Giovanni Colombo |